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La Nuova Via della Seta

La Nuova Via della Seta

 

Il Mediterraneo è stato il fulcro dello sviluppo socio-economico e culturale dell’intera storia occidentale finché, con la scoperta del Nuovo Mondo, la sua centralità è scemata in favore dell’Atlantico. Oggi, attraverso la Nuova Via della Seta, il Mare Nostrum è pronto a riassumere la sua antica centralità strategica.

 

La Nuova via della seta è un’iniziativa strategica della Cina per il miglioramento dei collegamenti e della cooperazione tra paesi nell’Eurasia. Comprende le direttrici terrestri della “zona economica della via della seta” e la “via della seta marittima del XXI secolo” ed è conosciuta anche come “Belt and Road Initiative, BRI” o “OBOR” (one belt, one road).
Partendo dallo sviluppo delle infrastrutture di trasporto e logistica, la strategia mira a promuovere il ruolo della Cina nelle relazioni globali, favorendo i flussi di investimenti internazionali e gli sbocchi commerciali per le produzioni cinesi. L’iniziativa di un piano organico per i collegamenti terrestri è stata annunciata dal presidente cinese Xi Jinping a settembre del 2013, e la via marittima ad ottobre dello stesso anno.
Nei prossimi 10 anni le ferrovie saranno in grado di trasportare circa un milione di container l’anno nella regione Euroasiatica con maggiore rapidità rispetto alle flotte mercantili.
La Cina è interessata a investire sui porti italiani ma la Via della Seta andrà avanti “con o senza di noi” ha detto l’Ambasciatore italiano a Pechino, Ettore Sequi, a margine del convegno “La Nuova Via della Seta – Quali prospettive per l’Italia” il 30 gennaio 2018.
La Grecia vanta la più grande flotta mercantile mondiale e dal 2000 Pechino sfrutta le dimensioni e la centralità del porto del Pireo, controllando due terzi del traffico complessivo. La superpotenza asiatica è però alla ricerca di un altro canale di accesso per connettere più velocemente le merci con il resto d’Europa. Il governo italiano ha offerto una via complementare alla ferrovia che Pechino ipotizza di costruire per collegare il porto greco all’Europa attraverso i Balcani, e suggerisce di sfruttare anche i sistemi portuali e ferrati italiani già esistenti – e già pronti – come Trieste.
“I porti italiani non sono alternativi ma complementari al Pireo” ha più volte detto l’ambasciatore Sequi “sia perché sono immediatamente disponibili e ben collegati, con procedure di sdoganamento tra le più veloci in Europa, mentre dal Pireo occorre ancora costruire adeguati e onerosi collegamenti ferroviari attraverso i Balcani; sia perché è difficile far transitare solo attraverso un porto l’ingente numero di container che dall’Asia giungono nel Mediterraneo”.
La posizione geografica dell’Italia garantisce quindi ai nostri porti un ruolo strategico. I cinesi lo hanno capito e stanno pensando di creare nel Nord d’Italia un hub logistico europeo. Non a caso Cosco (quarta compagnia al mondo) ha acquisito il 40% di Vado Ligure: il nuovo terminal container sarà operativo entro il 2018.
I primi risultati di Belt and Road confermano che si tratta di un grande piano geo-economico destinato a trasformare l’Eurasia: 900 progetti di nuove infrastrutture, quasi 1000 miliardi di investimenti, 780 miliardi di dollari generati dagli interscambi con i 60 paesi coinvolti, 200 mila nuovi posti di lavoro.
“Questo mastodontico progetto che tocca due terzi della popolazione mondiale non ha solo una forte componente infrastrutturale ma esprime la proiezione internazionale e la vocazione globale della Cina”, ha detto Sequi.
Stando ai dati ufficiali cinesi, l’interscambio tra Cina e i Paesi attraversati dalla Nuova Via della Seta ha superato i 400 miliardi di dollari dal 2014 al 2017. Solo lo scorso anno ha superato la quota 110 miliardi di dollari, in pratica un quarto del commercio estero cinese. Secondo le previsioni del presidente di Bank of China, Chen Siqing, nei prossimi 5 anni il 45% della crescita mondiale proverrà dai mercati interessati dai progetti targati Bri.
Senza alcun dubbio la Nuova Via della Seta è una tra le più grandi opportunità di investimento degli ultimi anni sia sul piano internazionale che soprattutto su quello nazionale. Che siate piccoli o grandi imprenditori questa è un’occasione irripetibile per entrare a far parte di un progetto di tali dimensioni.

L’Emilia-Romagna guarda a Hong Kong, porta d’accesso privilegiata al mercato cinese

L’Emilia-Romagna guarda a Hong Kong, porta d’accesso privilegiata al mercato cinese

 

Ci teniamo a riportare di seguito l’articolo del 18 aprile 2018 della redazione di “Sassuolo online notizie”

L’Emilia-Romagna avvia un percorso per la creazione di un hub per le imprese emiliano-romagnole, in particolare della filiera agro-industriale, all’interno del Parco tecnologico e scientifico di Honk Kong. L’obiettivo è quello di realizzare le condizioni ottimali affinché il sistema economico produttivo dell’Emilia-Romagna possa
avere un più facile accesso al mercato cinese.

È quanto emerso dall’incontro, promosso dal presidente della Regione Stefano Bonaccini, che si è tenuto questa mattina a Bologna tra Regione, imprese, università, associazioni di categoria, centri di ricerca e istituti di credito con i rappresentanti di InvestHK, il dipartimento governativo della regione amministrativa speciale di Hong Kong (HKSar) per l’attrazione di investimenti diretti esteri.

Durante l’incontro di lavoro, introdotto dal capo di Gabinetto della Presidenza della Regione, Andrea Orlando, il vice-direttore generale di InvestHK, Jimmy Chiang, accompagnato dal rappresentante per l’Italia Stefano De Paoli, ha approfondito le possibilità di investimento che da Hong Kong vanno verso il mercato cinese, in particolare nel settore agro-industriale. Opportunità e strategie sono state illustrate anche da Ruben Sacerdoti, del servizio regionale attrattività e internazionalizzazione, Claudia Laricchia, di Future Food Institute e Antonio D’Angiò, di Unicredit.

Il ruolo crescente, sostenuto da Pechino, di Hong Kong come hub per le relazioni tra ricerca e impresa e in particolare la posizione strategica del HKstp (Hong Kong science & technology park), favoriscono l’insediamento di soggetti internazionali in grado di incrementare l’internazionalità dell’arcipelago verso il business con il continente cinese.

“Continua il percorso concreto, tracciato dalle politiche di internazionalizzazione della Regione, di penetrazione del sistema economico imprenditoriale emiliano-romagnolo nei mercati orientali. E con questo obiettivo puntiamo a creare e intensificare relazioni stabili con le istituzioni, le università e i centri dell’innovazione di Hong Kong”, ha affermato l’assessore regionale alle Attività produttive, Palma Costi.

La Regione ha rapporti consolidati con la Cina e in particolare con la Great bay area del “Pearl river delta”, cioè la Provincia del Guangdong, Macao e Hong Kong, relazioni che si sono ulteriormente rafforzate grazie anche alla missione di sistema economico imprenditoriale dell’Emilia-Romagna realizzata lo scorso anno.

Tra i settori di maggior interesse per il mercato cinese c’è la “food innovation” e le implicazioni che le nuove tecnologie hanno in termini di sicurezza alimentare, produttività e corretta alimentazione. Innovazione in primis ma anche trasferimento tecnologico nella lavorazione del cibo, catena del freddo, meccanica agricola e logistica alimentare, tutti settori in cui le imprese del sistema Emilia-Romagna sono leader a livello internazionale.

Le opportunità di un hub a Hong Kong Il punto di riferimento potrebbe sviluppare le proprie attività sfruttando i servizi offerti dal “Hong Kong science & technology park” e coprendo parzialmente i costi con le concessioni garantite dal Governo di Hong Kong. Si potranno gestire progetti realizzati dai cluster nazionali e regionali dell’agroalimentare, dalle imprese e dalle università italiane con quelle locali. L’hub potrebbe essere la possibile sede operativa del “Food innovation program”, la sede di gestione del “Italy China food safety academy” (Icfsa) da costituire in raccordo con quella di Parma ed Efsa ,dove formare personale delle istituzioni e imprese cinesi. Qui potrebbero crescere un centro di trasferimento tecnologico verso la Cina (con showroom permanente delle tecnologie per il cibo italiane attraverso la creazione di una piattaforma con impianti pilota); un incubatore di startups italo-cinesi sotto l’egida di grandi imprese; un centro di promozione del Made in Italy (sede dell’organizzazione di eventi annuali
quali la “Settimana della cucina italiana nel mondo”, “Bellissima Italia” nonché eventi di Fico). Spazio anche a una sede operativa delle fiere italiane del settore per il mercato cinese e asiatico (Parma, Rimini e Bologna), a un centro di attrazione per investimenti diretti da Hong Kong e dalla Cina, a un ufficio per lo sviluppo della cooperazione con le Province partner del Guangdong, Zhejiang e Shandong e un ufficio condiviso per le imprese.

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