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Cina: ampie prospettive di sviluppo per il software outsourcing

Cina: ampie prospettive di sviluppo per il software outsourcing

Importanti novità, per quanto riguarda il campo delle auto ecologiche, sono in arrivo dalla Cina.

Artefice ne è la BYD, una società che ha iniziato producendo batterie ricaricabili e che ora presenta uno dei modelli più avanzati ed economici di auto ibrida. Il suo nome è BYD F3DM ed è una berlina che, alimentata da batterie al litio-ferro-fosfato, può arrivare ad una velocità di 150 km/h, con 100 km di autonomia. Per distanze superiori, un tradizionale motore a combustione interna da 1,3 litri, provvede a ricaricare la batteria.

 

Stando a quanto dichiarato dagli uomini della casa produttrice, la tecnologia sviluppata in Cina, basata su batterie al litio-ferro-fosfato, sarà molto più efficiente ed economica rispetto a quella utilizzata finora. L’auto potrà essere collegata ad una normale presa della corrente casalinga e ricaricarsi completamente in nove ore, tempo che potrà essere ridotto ad un terzo collegandosi ad apposite colonnine elettriche di ricarica veloce. Dieci minuti saranno invece sufficienti per permettere alla macchina di muoversi con solo metà carica.

Oltre che sulla tecnologia avanzata, l’auto elettrica cinese può puntare sul fattore economico per conquistare i mercati occidentali. Rispetto alle altre ibride giapponesi o europee, la Byd costerà, infatti, circa 10 mila euro in meno. In Cina, dove già è in commercio, l’auto costa 150 mila yuan, contro i 250 mila circa degli altri modelli.

Nata sei anni fa nella provincia dello Shaanxi come produttrice di batterie ricaribili, la BYD, ben rappresenta lo sviluppo che sta compiendo la Cina anche nel campo dello sviluppo sostenibile.

fonte – Peace reporter

Cina: ampie prospettive di sviluppo per il software outsourcing

Cina: ampie prospettive di sviluppo per il software outsourcing

Nel gennaio scorso, l’Assemblea popolare della regione autonoma del Tibet ha approvato una risoluzione, decidendo di fissare il 28 marzo di ogni anno come “giornata commemorativa della liberazione di un milione di servi della gleba tibetani”. Il 28 marzo 2009, prima giornata commemorativa, nel corso della cerimonia celebrativa tenuta a Lhasa, il segretario generale del comitato del PCC della regione autonoma del Tibet Zhang Qingli ha affermato che negli ultimi 50 anni, il Tibet ha visto radicali cambiamenti, che hanno permesso alla sua popolazione di vivere una vita felice. In futuro, si continuerà a promuovere l’energico sviluppo economico locale, realizzando l’obiettivo di costituirvi una completa società benestante entro il 2020. Ecco di seguito un nostro reportage in merito.

 

Nella vecchia società tibetana, i padroni, pari a solo il 5% del totale della popolazione tibetana, possedevano la maggiore parte dei mezzi di produzione, mentre i servi della gleba e gli schiavi, pari al 95% del totale, si trovavano alla base della società, non solo privi dei mezzi di produzione, ma addirittura senza alcuna garanzia della libertà personale e della vita.

Nel 1951 il governo centrale cinese e il governo locale tibetano hanno sottoscritto l'” Accordo sul metodo di liberazione pacifica del Tibet”, grazie al quale il Tibet è stato pacificamente liberato. Tuttavia, per istigazione e sostegno dalle forze imperialiste, la classe dirigente del Tibet strappò pubblicamente l’accordo, istigando spudoratamente la ribellione armata. Il governo centrale, pacificando la ribellione, attuò nello stesso tempo un’ardente compagna popolare di riforma democratica, abolendo completamente il sistema teocratico feudale della servitù della gleba. Il 28 marzo è proprio il giorno di inizio della riforma democratica in Tibet.

La riforma democratica emancipò radicalmente un milione di servi della gleba tibetani, concedendo loro una nuova vita, e trasformandoli dai precedenti “strumenti parlanti” in dignitosi cittadini padroni del loro destino. Il segretario generale del Comitato del PCC della regione autonoma del Tibet Zhang Qingli ha affermato che questo è un grande contributo dato dalla Cina alla causa mondiale dei diritti umani. Egli ha detto:

“La radicale abolizione del sistema teocratico feudale della servitù della gleba e la completa emancipazione di un milione di servi della gleba tibetani costituiscono un’importante pietra miliare del movimento mondiale di eliminazione della schiavitù, un importante progresso della causa internazionale dei diritti umani, ed un grande contributo dato dal PCC e dal popolo cinese alla causa mondiale della democrazia, della libertà e dei diritti umani, per cui rivestono un significato di spartiacque epocale nella storia dello sviluppo del Tibet, nella storia moderna della Cina e nella storia dello sviluppo della società umana.”

Nei 50 anni della riforma democratica, il Tibet ha registrato radicali cambiamenti. Tsondre, che in passato è stata serva della gleba, ora vive una vita felice. Ella ha detto:

“Negli ultimi 50 anni, la nostra terra natale ha visto dei radicali cambiamenti, e la vita della popolazione un continuo miglioramento. Ora le strade arrivano davanti a casa, tutti hanno la TV e il telefono, i bambini hanno delle scuole dove studiare, e tutti si sono costruiti nuove case e hanno dei depositi in banca.”

Quanto all’esercizio dei diritti democratici, fra il personale degli organismi statali a livello di regione autonoma, città e distretto, l’ etnia tibetana e le altre minoranze occupano circa il 78%. La cultura tibetana ha ottenuto una completa tutela, il governo centrale ha stanziato enormi somme per il restauro e la tutela del Palazzo Potala e di altri siti culturali e storici locali, mentre la causa delle ricerche tibetologiche ha visto degli sviluppi senza precendenti.

Nel corso della cerimonia celebrativa, il segretario generale del Comitato del PCC della regione autonoma del Tibet Zhang Qingli ha affermato che il futuro, il Tibet ha degli obiettivi ancora più grandiosi, ossia costruire entro il 2020 una completa società benestante, e per il 100° anniversario della fondazione della Nuona Cina, realizzare la modernizzazione all’unisono con l’intero Paese.

Nello stesso tempo, Zhang Qingli ha osservato che la lotta contro la cricca del Dalai Lama non è un problema etnico, religioso o di diritti umani, ma una lotta collegata al mantenimento della sovranità e dell’integrità territoriale dello Stato. Egli ha sottolineato che occorre basarsi strettamente sulle popolazioni delle varie etnie per prevenire e colpire le varie attività separatiste e distruttive, mantenendo la sicurezza dello Stato e la stabilità del Tibet.

fonte – CriOnline

In memoria di una grande amica

In memoria di una grande amica

Si è spenta lo scorso 18 marzo, a soli 58 anni, Maria Weber una studiosa di grande acume ed obiettività dalle grandi qualità umane. Il cordoglio e il dolore per questa perdita si inscrivono all’interno di uno spazio dedicato alla Cina, terreno preferito dei suoi studi e delle sue riflessioni.

Nata nel 1951 e conseguita la laurea in Scienze Politiche e sociali al Cesare Alfieri di Firenze si è dedicata alla vita accademica in qualità di professore associato di Scienze della politica all’Università Bocconi,come ricercatrice per l’ISESAO e responsabile delle ricerche sull’Asia al’Ispi. Negli ultimi due anni aveva diretto l’Istituto Italiano di Cultura a Pechino. Alcuni dei suoi saggi e dei suoi studi vennero pubblicati dalla stampa internazionale, ricordiamo Atfter The Asian Crisis, London 2000 , Il miracolo cinese, Bologna, 2° ed.,2003. Tra i testi che l’hanno consacrata annoveriamo:

Vele verso la Cina. Come produrre e vendere nel più grande mercato del futuro (MCF, 1996)

Il miracolo cinese. Perché bisogna prendere la Cina sul serio (Il Mulino,2003)

La Cina non è per tutti. Rischi e opportunità del più grande mercato del mondo, (MCF,2005)

Il dragone e l’aquila, Cina e USA. La vera sfida, (Università Boccini 2005)

Due anni di Cina: opportunità di business scenari in evoluzione (Etas, 2008).

Di seguito traccia di una intervista rilasciata all’Ufficio Stampa della Bocconi:

Maria Weber controcorrente: Ai cinesi dovremo vendere le nostre aziende
L’Italia ha accumulato un ritardo incolmabile nella penetrazione del mercato asiatico e negli investimenti diretti. La vera opportunità è fare in modo che siano i cinesi a investire in imprese italiane dai marchi famosi

Per le imprese italiane le difficoltà di mercato sono ormai superiori ai vantaggi che potrebbero trarre dalla presenza in Cina. Tutti i maggiori concorrenti sono presenti da tempo e le dimensioni medie delle aziende italiane sono troppo piccole per sopportare gli investimenti necessari. Maria Weber, la scienziata politica italiana più vicina alla realtà cinese, lancia una forte provocazione: a questo punto il sistema Italia deve abbandonare le velleità di espansione e cercare di attrarre investimenti cinesi, convincendoli ad acquisire imprese in difficoltà, ma dai marchi riconoscibili in tutto il mondo.

Domanda. Ma la Cina non è il mercato del futuro, quello con più di un miliardo di persone pronte a consumare come e più degli occidentali?
Risposta. La Cina rimane una grande opportunità, ma solo per qualcuno. Il prossimo anno pubblicherò un libro intitolato La Cina non è per tutti perché si deve prendere atto che noi italiani abbiamo perso troppi treni. I nostri investimenti diretti sono scarsi (per leggere i dati Ice,
clicca qui) e dispersi in troppe piccole iniziative. Imprese da 50 addetti faticano a sopportare i costi della presenza in Cina, senza un sistema che li sostenga. Sono scettica persino per il turismo, perché non abbiamo una ricettività di massa, con le strutture in grado di ricevere 2-3.000 persone per volta che servirebbero per i cinesi. Rischiamo di essere scavalcati dalla Spagna.

Domanda. Che cosa possiamo fare, allora?
Risposta. Non possiamo e non dobbiamo chiuderci in difesa. Le posizioni protezionistiche sono anacronistiche e danneggiano la nostra immagine. Analizzando la politica cinese, come ho fatto in
Il dragone e l’aquila, si vede come sia centrale la cosiddetta Go global policy, che promuove lo sviluppo delle quote di mercato estere delle multinazionali cinesi, anche a colpi di acquisizioni. Per non essere costretti a partire da zero nella penetrazione di mercati maturi, i cinesi preferiscono acquisire marchi conosciuti, anche se attraversano momenti difficili, come ha fatto Lenovo con la divisione personal computer di Ibm.

Domanda. L’Italia che cosa può offrire da questo punto di vista?
Risposta. Poco, purtroppo, nei settori ad alta tecnologia, che sono i preferiti dai cinesi. Abbiamo invece molti marchi di alto design in crisi, ma ancora appetibili per il loro nome. Si tratta di farlo capire a noi italiani, prima ancora che ai cinesi. Anche per raggiungere un obiettivo minimale come questo dovremmo infatti imparare dai cinesi la progettualità e la capacità di concludere le cose rapidamente. Se sapremo muoverci in modo coordinato ed efficace i cinesi se ne accorgeranno e vaglieranno la possibilità.

Domanda. Ma dove abbiamo sbagliato nella campagna di Cina?
Risposta. A differenza di quanto hanno fatto gli altri, da parte nostra non c’è stata nessuna campagna coordinata. In Cina ho incontrato decine di piccoli imprenditori arrivati con il loro campionario, senza supporti istituzionali. I loro prodotti vengono plagiati perché, forse a causa dei costi, stentano a brevettarli secondo le regole cinesi. Hanno difficoltà con l’inglese e arrivano in un paese difficile da affrontare anche per chi lo parla. Non riescono a raccogliere elementi di giudizio sufficienti nella scelta dei partner e, soprattutto, raramente dimostrano un serio impegno di lungo periodo. Non si può creare una joint venture e poi lasciarla completamente nelle mani del partner locale perché ci si rende conto di averne sottostimato i costi, soprattutto in termini di risorse umane.