IL VINO ITALIANO ALLA CONQUISTA DELLA CINA

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IL VINO ITALIANO ALLA CONQUISTA DELLA CINA

Si affilano le armi in vista di una grande manovra di avvicinamento, prima dell’attacco finale, alla conquista del grande mercato cinese. I maggiori produttori di vini italiani doc si sono riuniti a Roma, in una cena organizzata nella splendida cornice di Palazzo Altieri, dall’Associazione Parlamentare Italia-Hong Kong, grazie all’orchestrazione di una delle sue figure di spicco, la Senatrice Cinzia Bonfrisco, e alla lobby di Sviluppo Cina, alla presenza del Ministro per le Politiche Agricole Luca Zaia, di una cospicua rappresentanza di uomini politici e delle istituzioni preposte allo sviluppo del Made in Italy.

L’importanza dell’evento è stata sottolineata dalla presenza della seconda carica dello Stato, il Presidente del Senato Renato Schifani, del suo predecessore, Senatore Franco Marini, del Presidente del Gruppo PDL del Senato Maurizio Gasparri, dell’ex Governatore della Sicilia, Sen. Salvatore Cuffaro, del Presidente di Italiani nel Mondo, Sen. Sergio De Gregorio e di una lunga lista di parlamentari e di uomini e donne di potere, a testimonianza del grande interesse attribuito al progetto, per le sue ricadute sull’economia e sul prestigio italiano nel gigantesco mercato asiatico.
L’iniziativa ha preso spunto dal progetto di un Protocollo d’Intesa tra il governo italiano e quello della regione cinese a Statuto Speciale di Hong Kong, per la cooperazione nella diffusione del vino italiano in Cina, che dovrebbe essere siglato nel prossimo mese di maggio, in occasione di una visita in Italia del Ministro delle Finanze di Hong Kong, John Tsang.
Il Protocollo d’Intesa costituirebbe un container di grande interesse, all’interno del quale, secondo il presidente di Sviluppo Cina, Stefano De Paoli, si devono lanciare iniziative aggressive in tempi rapidi, per tamponare il dilagare del predominio francese nel territorio cinese, in attesa di organizzare una robusta campagna di sensibilizzazione del consumatore cinese al richiamo del gusto e della varietà della grande tradizione enologica italiana.
Il mercato cinese del vino è ancora di dimensioni modeste ma, come ogni altro settore merceologico in questo mercato di 1,4 miliardi di consumatori potenziali, è in crescita a tassi che, seppur modesti, produce parecchi milioni di nuovi consumatori ogni anno. Hong Kong, non è solo il principale mercato di prodotti di consumo in Cina, ma è soprattutto uno specchio che proietta oggi, con ragionevole precisione, le caratteristiche del futuro mercato della Cina continentale. Il mercato del vino di Hong Kong riflette oggi una posizione italiana al sesto posto dei paesi fornitori di vino, con un’irriverente quota del 3%, dietro alla Francia, l’Australia, il Regno Unito, gli USA e il Cile.
Tutto questo in una situazione di crescita vicino al 100% delle importazioni nel 2008 (208 milioni di euro), in conseguenza delle recenti manovre del governo di Hong Kong, che puntano a disegnare, per il piccolo territorio autonomo cinese, un ruolo internazionale di capitale asiatica del vino. Per fare questo il governo ha azzerato nel 2008 le imposte esistenti sulle bevande alcoliche fino a 30 gradi, dopo averle ridotte dall’ 80% al 40% nel 2007. Il vino italiano, con 8,7 milioni di euro, pur mantenendo il passo di crescita al livello di quello globale, ha ridotto ulteriormente la sua quota di mercato dal 5% nel 2007 al 3,1% nel 2008.
Secondo Sviluppo Cina, questa situazione di mercato, disastrosa per il prestigio di uno dei prodotti più nobili del nostro Paese, sarà inevitabilmente proiettata, moltiplicata per 200 – tale è la proporzione tra la popolazione di Hong Kone e quella della Cina continentale – nell’unico mercato al mondo che registra ancora tassi di crescita superiori al 7%, se non si interviene in modo deciso e senza ulteriore indugio. L’umiliante posizione del vino italiano nella graduatoria del mercato di Hong Kong viene attribuita ad uno svantaggio rispetto ai vini francesi, per fama e storia e, rispetto a quelli del nuovo mondo, per minore aggressività ed eccessivo frazionamento di vini e produttori.
A proposito di frazionamento, merita una citazione l’intervento della Senatrice Laura Bianconi che, nella sua veste di Presidente dell’Associazione Luigi Veronelli, ha rivendicato l’orgoglio della tradizione italiana del vino, che vanta oltre 300 DOC, frutto di oltre duemila anni di storia enologica, che rappresentano un patrimonio genetico e culturale che non trova riscontro in nessun altro paese del mondo. Plaudendo l’iniziativa, la Senatrice Bianconi ha sottolineato l’importanza che le attività programmate facciano perno sulla cultura del vino italiano, che merita la stessa dignità dell’arte per cui siamo famosi nel mondo.
Tra gli ospiti eccellenti all’incontro di Roma c’era la rappresentante del Governo di Hong Kong presso l’Unione Europea, Mary Chow, che ha ribadito l’importanza dell’accordo che il suo Governo si appresta a firmare con il Governo italiano, che assicurerà un sostegno alle azioni promozionali che saranno avviate da Sviluppo Cina, tramite la nomina di un funzionario che sarà destinato a svolgere, a tale scopo, la funzione di interlocutore ufficiale con le controparti italiane.
L’evento di Roma ha dato il via a un progetto destinato a imporre una svolta importante nel percorso di rilancio del vino italiano in Cina. La prossima tappa sarà la costituzione di un tavolo di lavoro coordinato da Sviluppo Cina, al quale parteciperanno consorzi e produttori di vino, per sviluppare il piano che, con il sostegno del Ministero per le Politiche Agricole e dell’Associazione Parlamentare Italia-Hong Kong, promette di ricuperare posizioni nella graduatoria dei vini più consumati in Cina, negli anni a venire.

Cina: più attenzione alla garanzia e al miglioramento della vita della popolazione in crisi

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Cina: più attenzione alla garanzia e al miglioramento della vita della popolazione in crisi

Sullo sfondo della crisi finanziaria internazionale in continua estensione e delle nuove sfide di fronte allo sviluppo economico cinese, la sessione annuale in corso a Beijing dell’Assemblea Popolare Nazionale, massimo organo del potere statale cinese, ha portato delle esigenze ancora maggiori e più forti rispetto al passato sulla garanzia e sul miglioramento della vita della popolazione.

 

Il rappresentante dell’APN e direttore dell’Istituto di ricerca su economia, demografia e lavoro dell’Accademia cinese delle Scienze sociali, Cai Fang, ha osservato che la possibilità di una soluzione appropriata più attesa dal pubblico dei problemi nell’ambito della previdenza sociale, come la sanità, la pensione, l’abitazione e l’istruzione, è ormai diventato il fattore cruciale affinchè la Cina allarghi la domanda interna e incentivi una crescita economica stabile e piuttosto rapida.

“Adesso i cinesi preferiscono depositare il denaro in banca invece di spendere. Un motivo importante è che sono preoccupati di come fare una volta raggiunta la vecchiaia, in caso di malattia o disoccupazione, oppure per il problema dell’istruzione dei figli. Se riusciremo ad inserire più gente nel sistema della previdenza sociale attraverso l’aumento della spesa governativa, la domanda del consumo interno potrà essere attivata.”

Il governo deve rispondere alle richieste del popolo. Nel rapporto di lavoro del governo presentato il 5 marzo dal premier cinese Wen Jiabao, è facile notare che nonostante la crescita economica della Cina continui a scendere per via dell’influenza della crisi finanziaria internazionale, quest’anno le spese destinate alla previdenza sociale e ai progetti relativi alla vita della popolazione, invece di essere tagliate, hanno visto un grande incremento rispetto al passato. Il premier Wen Jiabao ha detto che più i tempi sono difficili, più occorre fare attenzione alla vita della popolazione, e che quest’anno bisogna concentrare gli sforzi per compiere alcune azioni urgenti importanti e concrete per lo sviluppo economico e sociale, riguardanti gli interessi concreti del popolo.

Per la Cina, un paese con un miliardo e 300 milioni di abitanti, non è facile risolvere questi problemi. Per questo, il governo cinese spera di impegnarsi in alcuni ambiti, fra cui la riforma del sistema sanitario e farmaceutico e la soluzione del problema delle difficoltà e dell’alto costo dell’accesso alle cure mediche.

Per molti anni, la Cina ha continuato a esplorare la direzione della riforma del sistema sanitario e farmaceutico. Dagli anni ’80, tale riforma è stata orientata dal mercato, provocando la riduzione degli stanziamenti governativi e l’appesantimento del fardello sanitario per i cittadini. Per invertire questa situazione, il premier Wen Jiabao ha affermato che nei prossimi 3 anni, la Cina stanzierà 850 miliardi di RMB per promuovere un nuovo turno della riforma del sistema sanitario, facendo il possibile per fornire al popolo un servizio sanitario sicuro, efficace, agevole ed economico.

“Promuoveremo la costituzione del sistema dell’assicurazione sanitaria di base. I residenti urbani e rurali dell’intero paese verranno inseriti nella copertura dell’assicurazione sanitaria di base delle maestranze urbane, in cooperazione con il nuovo sistema sanitario rurale, con un tasso di partecipazione superiore al 90% in 3 anni.

Oltre al problema sanitario, è anche stato inserito tra gli affari urgenti della vita della poplazione il problema delle pensioni nelle campagne. Attualmente in Cina, vi sono 153 milioni di anziani con più di 60 anni di età, di cui oltre il 70% vive nelle campagne. Sin dal 1986, la Cina ha attivato il sistema pensionistico di base per i pensionati urbani e ha continuato ad aumentare la pensione negli ultimi 4 anni. Diversamente, nelle varie zone rurali, la maggior parte degli anziani conta ancora sul sostegno della famiglia.

Il rappresentante dell’APN e assessore al Lavoro e alla Previdenza sociale della provincia dell’Anhui, Zhu Yong, ha detto che è estremamente urgente colmare le lacune di questo sistema.

“Per risolvere i difetti del sistema, adesso è necessario accelerare ulteriormente la costruzione del nuovo sistema pensionistico rurale e far partecipare i vari contadini alla previdenza sociale, così che gli anziani non debbano più mantenersi autonomamente o affidarsi ai figli, ma al sistema della previdenza sociale.”

Attualmente in alcune località è già stata svolta la sperimentazione della nuova pensione rurale, praticando in generale il metodo di raccolta dei capitali in combinazione con il pagamento individuale, l’assistenza colletiva e il sussidio finanziario. Secondo il piano del governo cinese, quest’anno i punti pilota dovranno coprire il 10% dei distretti.

È previsto che se tutti questi piani del governo verranno realizzati, il livello della previdenza sociale della Cina vedrà un notevole innalzamento. Dopo la crisi finanziaria internazionale, la Cina avrà sicuramente un modello di sviluppo ancora più sano.

fonte – Cri Online

L’economia cinese correrà

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L’economia cinese correrà

A dispetto della crisi il premier Wen riafferma l’obiettivo di crescita all’8 per cento per quest’anno e si prepara a trattare con gli Usa. Per il Dalai Lama porta aperta ma niente azioni separatiste

PECHINO — In un tempo in cui il tempo è quello frenetico delle reazioni istantanee di un video gioco o il montaggio supersonico di un video musicale, per due ore mezza la Cina, e buona parte del mondo che conta, sono rimasti appesi alle labbra del premier cinese Wen Jiabao che lentamente sillabava in diretta TV la cruciale posizione del suo governo sull’economia globale.

 

Dato che la Cina è il più grande creditore del mondo, nonostante i tempi fuori tempo, molti si sono armati di pazienza e lo hanno ascoltato con attenzione.

Il punto cruciale è stata la riaffermazione, sicura che l’obiettivo della crescita all’8 per cento quest’anno può essere ottenuto. La cifra è accolta con incredulità dal consesso degli economisti internazionali, che guardano al calo del dato di crescita a dicembre 2008, che registrava un magro +6,8 per cento.

Wen però ha ribadito l’obiettivo spiegando che dei 4 trilioni di yuan (circa 450 miliardi di euro) del piano di stimolo 595 miliardi sono già stati allocati. Nel complesso del pacchetto poi il governo centrale metterà 1,18 trilioni di yuan, il resto arriverà dalle autorità locali.

I fondi dal governo centrale saranno usati per “progetti di pubblica utilità, innovazione tecnologica, protezione ambientale e progetti infrastrutturali,” ha detto Wen. Né sono previste misure straordinarie, almeno per il momento, anche se il premier non ha escluso che altri fondi potrebbero essere investiti all’occorrenza.

Si tratta di investimenti che non andranno comunque sprecati, non saranno eccessivi, perché “con 900 milioni di persone che vivono in zone rurali” non c’è quasi fondo alle infrastrutture da realizzare. Questo è un mercato che, ha sottolineato Wen, è potenzialmente più grande di quello europeo e americano messi insieme.

Intanto nelle zone interne già si registrano segni di ripresa. Il sindaco di Changsha, capoluogo della regione meridionale dello Hunan, ha detto che nei primi due mesi dell’anno la crescita economica è stata di oltre il 12 per cento e che a riprova di questo dato la crescita del consumo dell’elettricità è stato del 15 per cento.

Nessun cambiamento neanche per quanto riguarda l’uso delle riserve, che ormai hanno superato i 2 trilioni di dollari. Non sarebbe meglio investirli in progetti di sviluppo in Cina piuttosto che in Buoni del tesoro americani? Ha chiesto la stampa. No, servono per le necessità del commercio internazionale del Paese, ha risposto Wen.

In realtà quindi la Cina conferma il sostegno ormai praticamente militante per il dollaro e l’economia Usa, anche se il governo non nasconde i suoi timori.

“Siamo estremamente interessati agli sviluppi in America… e abbiamo grandi aspettative sui passi (presi dall’amministrazione Obama) – ha annunciato il primo ministro – naturalmente, a dirla tutta, siamo preoccupati della sicurezza dei nostri investimenti”.

Il rischio che si intravede però è duplice: di efficacia delle misure adottate ma anche di accordo sulle politiche strategiche richieste da Pechino a Washington.

La crescita cinese, l’uso delle riserve, la collaborazione nella protezione ambientale, saranno poi tutti argomenti che il ministro degli esteri di Pechino discuterà già la settimana prossima a Washington con l’amministrazione del presidente americano Barak Obama.

Wen non si preoccupa invece dei soldi spesi per Taiwan, che l’anno scorso ha avuto un attivo commerciale con Pechino di 77 miliardi di dollari. L’economia dell’isola, di fatto indipendente formalmente parte di un’unica Cina, può contare sull’appoggio di Pechino, e anzi nel 2009 si potrebbe arrivare a un accordo di pace che comporterebbe la smobilitazione dei missili oggi puntati contro Taipei.

Tutto questo è frutto dello sviluppo dei colloqui con la nuova dirigenza taiwanese, ma gli stessi progressi non si registrano invece con il Dalai Lama, il dio-re del Tibet, a cui Wen ha chiesto di cessare le sue attività separatiste.

Il premier ha ribadito che la porta del dialogo è sempre aperta con il leader tibetano ma ha anche ricordato come il Dalai Lama ancora insista a chiedere il ritiro delle truppe cinesi dall’altipiano e controllare l’immigrazione dei cinesi non di etnia tibetana in Tibet, richieste che secondo Pechino allontanano di fatto la regione dal resto del Paese.

In realtà, la forza stessa oggi di affermare una crescita dell’8 per cento, il mantenimento di miliardi di buoni americani, e quindi mondiali, restringe gli spazi di manovra del Dalai Lama, che rischia di diventare una strana ridondanza nella marcia della crescita economica, ma anche politica cinese.

fonte – la stampa