La borsa di Hong Kong invita le nostre aziende

La borsa di Hong Kong invita le nostre aziende

Pubblicato il 12 gennaio 2011. Espansione a cura di Francesca Romana di Biagio

Si dice che Prada e Ferrari potrebbero sbarcare alla Borsa asiatica. Che risponde: «Saremmo lieti di ospitare compagnie italiane»

Per il secondo anno consecutivo, l’Hong Kong Stock Exchange si aggiudica la palma di prima Borsa al mondo per volume di Ipo (Initial pubblic offerings, o nuove quotazioni), con una raccolta di circa 50 miliardi di dollari contro i 31 del 2009). La piazza finanziaria dell’ex colonia britannica fa sempre più gola a banche e aziende cinesi, che rappresentano più dell’80% del listino, ma anche a società occidentali, già presenti con titoli inglesi, russi e statunitensi. La quotazione, lo scorso maggio, del colosso della cosmesi L’Occitane potrebbe favorire ingressi europei e italiani. Rumours parlano di Prada e Ferrari (il gruppo Miroglio ha quotato la propria joint-venture Elegant Prosper a Shanghai).
«Saremmo lieti di ospitare compagnie italiane», dice a Espansione Scott Sapp, dirigente del dipartimento relazioni con i media dell’HK Stock Exchange: «I nostri obbiettivi per il 2011 vertono sull’emissione di nuovi bond in renminbi (valuta della Repubblica popolare cinese ndr), sull’esempio di quanto realizzato ultimamente dalla catena McDonald’s, sul potenziamento degli investimenti in alta tecnologia e sull’internazionalizzazione della moneta cinese. Ci stiamo preparando alla futura convertibilità del RMB, offrendo alle imprese della Cina la possibilità di affacciarsi verso i mercati esteri e alle straniere di entrare in contatto con Pechino, passando dalla nostra porta».

Investire a Hong Kong è semplice grazie alla rapidità dei tempi di avvio di un’attività (7 giorni), alla trasparenza, assenza di burocrazia e a un’efficiente rete di servizi a disposizione delle imprese. Per stabilire un business non serve appoggiarsi a un partner locale. La formula “one country, two systems” proposta da Deng Xiaoping nel 1984, durante i negoziati con il primo ministro inglese Margaret Thatcher, permette alla regione (fino al 2047) piena autonomia politica ed economica, eccetto per le relazioni diplomatiche e la difesa, che dipendono dalla Cina.

L’Italia che c’è già
Qui le aziende italiane sono 320, in gran parte nei settori bancario, moda, arredamento. Tra i nomi, Assicurazioni Generali, Intesa SanPaolo, Dolce & Gabbana, Ferragamo, Giorgio Armani, Valentino, Versace, Prada, Loro Piana, Maserati, Ferrero e Geox. Con un giro d’affari di 5,5 miliardi di euro nel 2009, l’Italia è il terzo esportatore europeo verso Hong Kong. «Vorremmo accogliere più aziende italiane impegnate nel design, uno dei pilastri su cui sta puntando la nostra economia, insieme all’industria creativa, medica e ambientale», dice Simon Galpin, direttore generale di Invest HK, il dipartimento governativo per gli investimenti esteri. «Ma c’è spazio anche per le pmi. Quanto ai costi d’affitto, la nostra regione offre soluzioni economiche».
Per favorire lo sviluppo delle pmi italiane, Sviluppo Cina e Associazione Italia Hong Kong, che insieme rappresentano circa 400 imprese, hanno indirizzato una lettera a governo e ministeri degli Esteri, Sviluppo economico ed Economia, chiedendo di togliere Hong Kong dalla lista nera dei paradisi fiscali. L’inserimento della regione autonoma nella black list «comporta un freno per i nostri imprenditori che vogliono affacciarsi in Cina, perché penalizzati dalle tasse e da una burocrazia che impone controlli rigidi su ogni minima operazione», dichiara il presidente di Sviluppo Cina, Stefano De Paoli. «Il tempo per l’interpello oggi è di 60 giorni contro i 120 di qualche anno fa».
«La lista nera è un macigno per le nostre aziende», ribadisce il presidente di Confapi trasporti, Riccardo Fuochi, «in particolare per quelle del ramo spedizioni e logistica, il 90% delle quali ha rapporti con Hong Kong, che è anche il primo aeroporto al mondo per traffico e uno dei più grandi porti per movimentazione dei container».

La Regione Autonoma di Hong Kong

Popolazione: 7 milioni, 95% di provenienza cinese, Pil 1° semestre 2010 +7,25% (-2,7% nel 2009)
Tasso di disoccupazione: 5,4% nel 2009
Aziende italiane: 320
Import dall’Italia: +32,15% a settembre 2010, soprattutto abbigliamento, pelletteria, gioielleria, eno-alimentare, prodotti ottici e arredamento.